Piattaforma: Dreamcast (NTSC/J)
Sviluppatore: Warp
Pubblicazione: 23 Dicembre 1999


Emblema della mediocrità, il primo D: pubblicato su Psx e Saturn ormai da qualche era tecnogeologica, rappresenta malamente ciò che avrebbe dovuto essere il survival horror, rielaborato dalla folle mente di Kenji Eno (scomparso prematuramente, nel Febbraio 2013, all’età di 42 anni). Successo prossimo allo zero. Un po’ meglio Enemy Zero, sequel illegittimo di D, che si rivela un prodotto pregevolissimo, grazie ad una struttura investigativa già sperimentata e ad un plot narrativo che rielabora in modo sapiente il concetto di paura partorito dal genio di Ridley Scott sul finire degli anni '70, con il suo Alien. Kenji Eno non è ora considerato uno spiantato incapace, ma anzi un genio visionario. Immancabilmente, dunque, l'attesa per D2 diviene spasmodica, in Giappone e, seppur in misura minore, nel lontano Occidente.
Inizialmente ideato per lo sconosciuto e, forse fortunatamente, mai nato M2 (il 64 bit Panasonic che, almeno sulla carta, avrebbe spopolato nel settore del videoludo, nel bel pieno degli anni '90), D2 rimane così in una sorta di limbo, e per svariati mesi nessuno sa dire nulla al riguardo. Questo, fino alla presentazione ufficiale del progetto Dreamcast (E3 1998), durante il quale viene mostrato un breve filmato in real time di D2, capace di sbalordire per una qualità visiva per allora quantomeno stordente. La trilogia si sarebbe ufficialmente conclusa, nel bene o nel male. Drammaticamente, una gestazione tanto lunga quanto travagliata non giova alla notorietà del team Warp ed all’intero “progetto D2”. Questo è male: Kenji Eno avrebbe lasciato alla storia, di lì a due anni, uno dei più geniali titoli che la antologia videoludica tutta avrebbe mai potuto accogliere in grembo.
Panasonic M2: il “mai nato” (per fortuna)
Ciò che stupisce profondamente e solletica il senso della vista, in prima istanza, è la qualità dell'opening che, garantito, esalta profondamente a priori, lasciando presagire una trama che certamente donerà preminenza a colpi di scena ed a scelte narrative assolutamente geniali: un uomo si trova a peregrinare sulla neve, nonostante evidenti ferite che spruzzano sangue a fiotti sulla candida neve; il sangue, dal suo naturale rosso rubino, muta senza ragione alcuna in un verde che non lascia presagire nulla di buono. Dissolvenza al nero. Un aereo sorvola una zona innevata e assolutamente inclemente del Canada: la camera ci presenta Laura Praston (protagonista dei due prequel summenzionati), concentrata nel visionare lo schermo del suo laptop, fino ad essere colta da una improvvisa sonnolenza. Laura dorme, ma si ridesta presto: un intraprendente coetaneo le porge ciò che potrebbe sembrare un orologio da taschino, rendendoglielo: "You wouldn't want to lose it. It was from your mother, wasn't it, Laura?". Da qui in poi, sarebbe un reato svelarvi altro, perché sappiatelo, questo titolo gode di una delle migliori trame di sempre: pregna di significati, manifesti filosofici e messaggi profondi. Un esempio di semiotica multimediale di proporzioni indicibili.
“Sola, in mezzo al nulla, circondata da creature inquietanti e… con questo fottuto tailleur mi si sta ghiacciando il culo!”
Senza lasciare intuire altro sulla narrazione, è opportuno esporre un aspetto del titolo paradossalmente non rilevante, come vedremo a breve: il gameplay. Già, perché prodromico al semplice evolversi degli eventi narrati, il gameplay si paventa quale semplice commistione di più generi, spaziando dall'avventura in prima persona fino al più scontato degli fps, omaggiando sommariamente il genere degli rpg. Il tutto si muove altresì su binari ben definiti e, pertanto, non resterà al basito giocatore che viaggiare di locazione in locazione, risolvendo enigmi, sopprimendo (con relativa semplicità, tra l'altro) osceni esseri sub-umani o fauna locale (in modo da nutrire la giovane Laura, nella speranza che una sana digestione possa distrarla da una probabile ipotermia) e, fortunatamente, assistendo ad intermezzi a volte grotteschi e dannatamente splatter (l'estimatore avrà certamente di che gioire, tra tentacoli fallici violentatori e spargimenti di membra a profusione), a volte di una dolcezza e un calore umano indescrivibili. V'è da evidenziare, purtroppo, come la versione americana del gioco sia parzialmente menomata, per via di censure forse inevitabili (vedasi, logicamente, i tentacoli di cui sopra): starà al giocatore stabilire il compromesso tra una ugualmente giocabile versione giapponese (che necessiterà quantomeno di uno script in inglese, facilmente reperibile in rete) ed una incompleta ma più fruibile versione yankee dello stesso. Il consiglio sarebbe, con un po’ di buon senso, di giocare approfonditamente la prima, perché siamo pericolosamente prossimi al prototipo di opera d’arte multimediale e, con un po’ di fantasia, si potrebbe considerare l’approccio alla versione occidentale di D2 come al voler sentire una sinfonia di Brahms con un bel tappo di cerume nel condotto uditivo sinistro.
Tecnicamente D2 è, ad oggi, un prodotto ambiguo: profondamente attuale nel definire delle ambientazioni vaste ed oniriche, anacronistico nel modellare strutture poligonali scarne ed essenziali. I modelli poligonali dei personaggi godono altresì della stessa natura ibrida: le espressioni facciali sono verosimili come raramente è capitato di vedere su hardware Dreamcast, ma le movenze eccessivamente legnose delle articolazioni mostrano inesorabilmente i segni della lunga e travagliata programmazione, che certamente avrebbe impressionato, se solo il titolo fosse stato pronto per il lancio della macchina. Ma ciò non toglie spettacolarità al comparto visivo, che provoca sgomento grazie ad impressionanti effetti atmosferici e strutture architettoniche del tutto esplorabili e raramente imperfette, quand'anche osservate nel dettaglio (le textures presenti nel terzo disco di gioco faranno vacillare le vostre certezze: che il tutto sia realmente gestito da un Dreamcast?).
Il comparto sonoro dona completezza ad un prodotto che altrimenti resterebbe orfano di una atmosfera deviata e opprimente: tutto ciò che udiremo sarà un inquietante, infinito e ripetitivo pianoforte in sottofondo, cadenzato insopportabilmente dalle urla di creature all'apparenza sofferenti e segnate quanto noi. Una insopportabile nenia della morte che spingerà verso il baratro dell’ossessione.
In definitiva, almeno per chi vi scrive, un prodotto da avere assolutamente. Atteso che su ebay è facile reperirne una copia per l’equivalente di una pizza ed una birra, sarebbe opportuno portarsene - se possibile - a casa un esemplare al più presto.

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