Piattaforma: Dreamcast (Region Free)
Sviluppatore: NG DEV TEAM
Pubblicazione: 4 Novembre 2009

V'era un tempo in cui il videogioco era creatura nata in casa, tra le accoglienti mura di un garage, di una mansarda o della cameretta di qualche videogiocatore armato non solo di fucili protonici, ma anche di tanta fantasia e voglia di creare; far vivere al prossimo un proprio e personalissimo concept di gioco, diffondere il proprio operato tra le fila della scena underground, sperando sempre di poter sfondare e, pertanto, lasciare la propria creatura alla storia. Richard Garriot (più conosciuto come "Lord British") ebbe modo di farsi conoscere, molto prima che Ultima fosse anche solo un pensiero, con Akalabeth (Apple II - 1980), e Manfred Trenz seguì lo stesso iter con il più conosciuto The Great Giana Sisters (C=64 - 1986), pubblicato da Rainbow Arts ma, per la maggiore, creato tra le calde mura di casa Trenz. Era il tempo del videogaming a costo zero, ove contava esclusivamente la passione del programmatore, la sua voglia di divertire e, perché no, poter divenire qualcuno, presto o tardi.
Come venga programmato un videogioco, oggi, è di pubblico dominio: le grosse società, spesso accorpate in gruppi ancora più imponenti, formano dei team da decine e decine di individui, spesso con visioni, intenti e gusti personali troppo diversi l’uno dall’altro, a tutto danno di un prodotto finale che così facendo, sovente, manca di una identità unica e, forse, si riduce al mero effetto speciale da milioni di euro. Potrete immaginare, dunque, con quale piacere l’hardcore gamer – irriducibile divoratore di universi bidimensionali - abbia appreso che un piccolo team tedesco, totalmente autofinanziato, fosse al lavoro su di uno shoot'em up a scrolling orizzontale per l’elitario Neo Geo AES.
Il primo ed inutilmente costoso (specie alla luce di una difficoltà mal calibrata) Last Hope, per Neo Geo Aes.
Il NG:DEV.TEAM, lavorando su macchine Neo Geo, punta inizialmente al target che, verosimilmente, meglio si presta ad accogliere un prodotto hardcore, dal sapore antico e dalla difficoltà tanto elevata quanto inebriante. Last Hope viene così pubblicato per Neo Geo Aes nel 2006 e, giusto per renderlo un prodotto ancor più invitante al palato del maniaco collezionista spendaccione, viene distribuito in sole sessanta copie.

Consci di questo successo, i programmatori crucchi tentano l'impresa anche con Dreamcast: altro bel pezzo di hardware ancora oggi sostenuto da una larga schiera di irriducibili. Un prezzo decisamente contenuto, l'apertura di un sito web ufficiale, la pubblicazione di ben cinquecento copie in edizione limitata che vanno ad affiancarsi alla versione standard – chiaramente – fanno il resto.
Last Hope in edizione limitata per Sega Dreamcast (cinquecento copie stampate).
C’è un solo maledetto problema: la difficoltà. La maledetta difficoltà di gioco: anche settando verso il basso il livello di sfida, persino il primo stage appare a dir poco improbo. Proiettili veloci, letali ed invisibili fanno deflagrare la navetta controllata in maniera sistematica. Bestemmia libera, insomma. NG:DEV. TEAM rimedierà con Last Hope Pink Bullets: pubblicato inizialmente solo su Dreamcast con tanto di affascinante box rosa (mille pezzi prodotti), approda poi nuovamente su hardware Snk, rimediando agli atavici difetti dell’originale. Vengono così apportate migliorie al gameplay quali una maggiore velocità della navetta sin dai primi frangenti di gioco, un respawn istantaneo in caso di morte improvvisa, difficoltà generale livellata verso il basso, cambio di colorazione dei proiettili a schermo (altrimenti poco visibili nei momenti più concitati).
Il concept di fondo, come già espresso, riprende le tematiche immortali di R-Type, calando la navetta di turno in un contesto che è al contempo organico e cibernetico: ci si troverà a lottare per la vita in claustrofobici anfratti sommersi di acido, evitando sciami di infernali navette assassine e giungendo (con immensa fatica, nonostante l’avvenuta riduzione del livello di sfida) al cospetto di un boss sempre dalle spropositate dimensioni, dannatamente disgustoso e dalle offensive oltremodo ignobili. Fin qui, potenzialmente, il titolo dei nostri più perversi sogni. Il sistema di fuoco, invece, si trova a ripescare a piene mani dalle opere del passato, assegnandoci una metodologia di attacco che qualcuno potrebbe definire abusata: tramite una veloce pressione del tasto di fuoco si produrrà una offensiva dalla ridotta portata ma più immediata, mentre al contrario una pressione prolungata permetterà di scaricare, sul nemico di turno, un fascio di considerevole dimensione e potenza. A ciò si aggiunge la presenza di un pod ruotabile, utile sia nell'offensiva che nella difensiva ed indispensabile nelle più caotiche e congestionate delle circostanze. Pod che sarà essenziale padroneggiare a dovere, imparando a ruotarlo nella direzione più opportuna e nel momento topico pena la solita, prematura dipartita.

Non è presente, dunque, alcuna dinamica o concept di particolare rilievo, così come particolari tecniche segrete atte all'innalzamento del punteggio. Peccato, perché il dover spendere lunghe sessioni di gioco nell'apprendimento di occulte tattiche offensive avrebbe certamente innalzato la longevità media del gioco che, ad ogni modo, si assesta su livelli considerevoli. Ma ciò, a voler essere onesti, solo in virtù di una difficoltà comunque psicotica che ci porrà, il più delle volte, nella frustrante condizione del dover ripetere dozzine di volte una parte di stage, memorizzando in maniera forse sterile ogni singolo pattern.
Tecnicamente il prodotto sorprende, considerando il suo essere creato da un team indipendente: in particolar modo la versione Dreamcast gode di ottimi effetti di luce, trasparenze, esplosioni. Quel che proprio non va bene, invece, è l'anonimato stilistico delle navette presenti su schermo, che mal si amalgama con degli scenari ben realizzati ed ispirati. Anche se poi, a guardare bene, le schifose e gigantesche masse aliene poste a guardia di ogni fine livello tendono a distogliere da tali pensieri. Anche la colonna sonora si mantiene sempre su livelli qualitativi elevati, presentandosi drammatica, cupa, decadente e, più in generale, particolarmente consona all’atmosfera del livello percorso.

Un prodotto che saprà farsi apprezzare, dunque, dai più esaltati sostenitori dello sparatutto a scrolling orizzontale. Già lo stesso primo stage, in tal senso, è rappresentazione di un sincero e smodato amore per il genere e, nondimeno, un tributo evidentissimo alla cosmesi dello shoot'em up primordiale.

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